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La leggenda della spada nella roccia di San Galgano (Toscana)

Galgano Guidotti, era un giovane nobile toscano. Trascorse la sua giovinezza tra vizi e divertimenti, finché un giorno, mentre era in viaggio alla ricerca i chissà quale fantasia ebbe improvvisamente la visione dell’Arcangelo Michele. Egli si manifestò e lo invitò a seguirlo fino a Monte Siepi dove, davanti a un edificio, vide i dodici apostoli e, aprendo un libro sacro, gli apparve il Creatore che lo convertì.

Galgano dopo questa esperienza tornò alla sua vita di tutti i giorni, finché un giorno il suo cavallo si rifiutò di continuare il cammino, e lo condusse nuovamente a Monte Siepi, esattamente nel luogo dove lo condusse l’Arcangelo.

Il giovane allora non ebbe più dubbi, quello era un luogo sacro e meritava un’identità, una croce. Iniziò a cercare qualcosa per poterla creare, ma non trovò nulla nei dintorni. Decise così di conficcare la sua spada in una roccia che si trovava lì. Sembrava proprio una croce e chiunque l’avesse guardata non avrebbe visto altro che il simbolo sacro. Prese poi il suo mantello, ma lo indossò questa volta, come saio. A questo punto l’arma rappresentava la pace anziché di guerra e l’abito umiltà invece e non più orgoglio.

Improvvisamente sentì una voce santa che lo invitò a fermarsi per tutta la vita in quel luogo, Galgano accettò, dando inizio alla sua autentica vita da eremita, vivendo da quel giorno tra i boschi nutrendosi solo di erbe selvatiche.

Un giorno, durante una sua assenza, per un pellegrinaggio a Roma, la spada subì un tentativo di furto e venne forzata da tre ladri, che non riuscendo nell’intento di sfilarla, la ruppero e l’abbandonarono (la spada è infatti realmente spezzata). Il castigo divino non perdonò l’atroce misfatto e raggiungendoli, uno venne fulminato all’istante, un altro annegato, mentre il terzo venne aggredito da un lupo che gli tranciò entrambe le mani (nell’eremo, in una bacheca è possibile vedere le ossa delle mani del ladro), ma venne risparmiato all’ultimo momento poiché, pentito, invocò il perdono di Galgano.

Quest’ultimo tornando trovò la spada spezzata, e si riproverò di essersi allontanato, ma intervenne la voce divina che gli disse di unire i pezzi, e così facendo la spada così si ricompose miracolosamente.

Da quel momento Galgano restò in quel luogo fino alla fine dei suoi giorni, morendo in preghiera sulla spada.

Questa storia è molto simile a quella di San Francesco, ma ha molto in comune anche la leggenda di Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda, in cui vi è protagonista proprio la spada nella roccia, oltre che il cavaliere Gawain, dal nome identico a Galgano. Probabilmente l’autore della narrazione di Re Artù aveva solcato quei luoghi e assorbito la leggenda.

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